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martedì 18 dicembre 2007

Le immagini di Aldo Garzia

Le immagini di Aldo Garzia ci costringono un po’ provocatoriamente a misurarci con alcune domande che pensavamo di aver consegnato al passato, riposte nel gran libro dedicato ai rapporti tra fotografia e realtà: rapporto ambiguo, come si sa, intessuto di falsa oggettività al punto di farci sospettare subito, sin dal primo sguardo, a sensi riposti, a inquadrature in cui la scelta dell’angolo di ripresa e della porzione di visibile, della luce e del tipo di pellicola, proclamano a gran voce una intenzionalità cui oggi nessuno rinuncerebbe.
Tutto vero. Eppure non è tutto. Ci sono delle occasioni in cui l’oggetto ritratto rivendica con più forza del solito quel suo diritto ad una verità impersonale che agli albori della fotografia si pensava ingenuamente costituisse il tratto distintivo della nuova tecnica. E’ il caso dei paesaggi, in cui l’ambiente, pur ritagliato artificiosamente da scelte del fotografo, si impone comunque come protagonista dotato di una sua “verità” in qualche modo non controvertibile. Lo è più ancora il caso dell’immagine destinata a fungere da illustrazione di un testo o di un discorso.
Le foto di Aldo Garzia dedicate all’isola di Bergman parrebbero dunque rientrare in quel paradigma, in cui l’abilità del fotografo sta tutta nel non farsi vedere, nel lasciar trasparire il reale meglio che si può attraverso quella povera e limitante impressione chimica su un piccolo supporto piano. L’isola ci appare nei suoi diversi aspetti, in un momento dell’anno (l’estate) ben determinato, con una luce meridiana che è quella che ci permette meglio di apprezzare i particolari senza perdere di vista il contesto, appunto il valore di “paesaggio”.
Poiché le immagini si pongono come apparato descrittivo di una mostra su Bergman e sull’isola (il luogo non solo del suo laboratorio mentale ma anche di alcuni suoi film), in cui figura come set ora claustrofobico ora aperto e luminoso, esse rafforzano e confermano un senso complessivo di cui si pongono al servizio, e il miglior complimento a Garzia è quello di essere riuscito con grande umiltà a realizzare questo aggancio: che dire infatti di un fotografo che rinuncia consapevolmente agli effetti straordinari offerti da quell’ambiente di rocce frastagliate, di sassi, di ombre e riflessi?
Già solo usare il bianco e nero avrebbe prodotto una lettura tutta diversa. La controprova sta nelle immagini dell’isola che compaiono in Persona, in cui Sven Nykvist, grandissimo direttore della fotografia, alterna a campi lunghi sulla spiaggia, di tono descrittivo anche se immersi in una luce inquietante, inserti di straordinario valore figurativo di particolari (i sassi, ad esempio), il tutto in un bianco e nero che trasfigura persone e cose. E sarà sua di nuovo, qualche anno dopo, la fotografia di Fårödocument, dedicato all’isola.
Eppure, nonostante non possa negarsi questo riuscito sforzo di porsi al servizio del suo oggetto, in modo da fornire una descrizione attendibile e veritiera di un luogo la cui carica simbolica sta allo spettatore della mostra di ricostruire incrociando le diverse informazioni fornitegli, rimane un dubbio: un dubbio alimentato proprio da questa correttezza così insistita, il dubbio che non sia l’isola l’oggetto delle immagini ma lo stesso Bergman.Aldo Garzia, che ama con passione il suo cinema, che altro ha fatto se non offrirci delle immagini in soggettiva dell’isola vista dal regista? E’ il mare che compare ossessivamente, sono quelle spiagge, e nulla del resto: quello che attirò precisamente Bergman in quel luogo, quello che lo fece sentire scelto, che lo costrinse a edificare una casa e rifugiarvisi non appena poteva. Ecco allora che l’angolo e l’altezza di ripresa, la scena inquadrata, tutto riconduce al suo sguardo da lontano, perso nel mare, e improvvisamente quelle spiagge ci restituiscono la carica di ambiguità che gliele ha fatte amare e scegliere per i suoi film. Il fotografo impassibile non è così distante da Nykvist che in Persona non ci fa capire se lo straordinario ambiente marino che si vede ogni tanto e che spesso si immagina vicino rimanda ad un angolo appartato del mediterraneo (il sole, la luce la vegetazione ce lo fanno pensare) oppure a un nord freddo e feroce. Le foto di Garzia ci descrivono una Delo pietrosa, una Sardegna di granito, una ultima Thule. Come Elisabeth Vogler, l’attrice impersonata da Liv Ullmann in Persona, Aldo Garzia si insinua nell’inquadratura dal basso per fotografare il mondo di Bergman.

Saggio comparso su Faro, l'isola di Bergman, Minerva editore, 2000

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